I Ciclo
Istituzionale
Lettera agli Ebrei
Codice Insegnamento: SCR005
Anno di corso: 3
Tipo di insegnamento: Corso Obbligatorio
Crediti: 3
Ore: 24
Lingua in cui viene erogato il corso: Italiano
Metodo di insegnamento: Didattica formale/lezioni frontali
Tipo di esame: Prova Orale
Indirizzi
-
- Quinquennio filosofico-teologico
Docenti
Obiettivo del corso è la lettura integrale del testo, conoscerne e studiarne aspetti letterari essenziali che permettano di coglierne il messaggio teologico ed apprezzarne la bellezza, la novità e l'attualità.
Programma:
Il corso si propone di introdurre allo studio della lettera agli Ebrei, unica nel suo genere tra gli scritti neotestamentari. Chiamata impropriamente “lettera” essa si presenta piuttosto come una solenne omelia, trasformata in lettera da una conclusione epistolare probabilmente apposta al testo in vista del suo invio a destinatari lontani (Eb 13,22-25). Affronteremo la questione dell’autore non identificato con Paolo e della comunità alla quale egli si rivolge, notando che la sua conoscenza della Scrittura e la sua arte nel citarla è già un primo inportante indizio sul titolo di «Ebrei» dato ai destinatari. Tale titolo, che non si trova espresso né all’inizio dello scritto, né in altro luogo, è intonato al contenuto stesso della lettera. L’autore infatti, di cui è ignota l’identità, è sicuramente un cristiano le cui origini giudaiche sono condivise con la comunità a cui si rivolge e con la quale condivide la chiamata alla fede in Gesù, ricevuta da coloro che avevano ascoltato il Signore (4,2). La lettera agli Ebrei offre al lettore una nuova visione del sacerdozio antico che viene riletto alla luce della vita del Signore Gesù. Egli è «Figlio di Dio», che glorificato siede alla destra del Padre e nello stesso tempo è «fratello nostro». La sua posizione e cioè quella di essere unito a Dio e agli uomini (1,5-14 e 2,5-16), pone le condizioni per una mediazione perfetta tra Dio e il popolo, superando i limiti del sacerdozio antico (Es 29; Lv 9). Così con la sua passione, morte e resurrezione Cristo si guadagna il titolo di «sommo sacerdote fedele e misericordioso» (Eb 2,17-18) ed esprime la novità e la superiorità del suo sacerdozio: con Gesù, con l’offerta della sua vita, non è più necessaria la santificazione del sacerdote attraverso una serie di riti per entrare in comunione con Dio e intercedere per sé e per il popolo; con Gesù il sacrificio è fatto una volta per tutte, sacerdote e sacrificio, chi offre e ciò che si offre sono tutt’uno. Inoltre il santuario che Cristo attraversa «non è fatto da mani d’uomo», ma è la reale intimità con Dio raggiunta dopo aver «attraversato i cieli» come offerta gradita a Dio (4,10.14). Così Cristo ha soccorso l’umanità, ha santificato gli uomini e li ha introdotti nel «riposo di Dio» (2,17.18; 3,14). Il sacerdozio di Cristo è nuovo e superiore perché non dipende da quello di Aronne e somiglia, invece, a quello di Melchisedek, sacerdote per sempre (7,3.16.17). Entrato nel santuario che è il cielo stesso (9,24), Gesù è sacerdote per l’eternità grazie alla vittoria sulla morte e la sua resurrezione gloriosa; egli è in grado di presentare le offerte e le domande del popolo presso Dio, come mediatore della nuova alleanza: l’efficacia salvifica del suo sacrificio per gli uomini rivela l’impotenza salvifica della legge antica. I credenti stessi che trovano in Gesù la «via nuova e vivente» per giungere al santuario celeste, hanno bisogno solo di perseveranza e fede, la stessa che animò la vita dei santi patriarchi e precedessori che erano rivolti senza saperlo a Gesù. Il corso si propone di introdurre allo studio della lettera agli Ebrei, unica nel suo genere tra gli scritti neotestamentari. Chiamata impropriamente “lettera” essa si presenta piuttosto come una solenne omelia, trasformata in lettera da una conclusione epistolare probabilmente apposta al testo in vista del suo invio a destinatari lontani (Eb 13,22-25). Affronteremo la questione dell’autore non identificato con Paolo e della comunità alla quale egli si rivolge, notando che la sua conoscenza della Scrittura e la sua arte nel citarla è già un primo inportante indizio sul titolo di «Ebrei» dato ai destinatari. Tale titolo, che non si trova espresso né all’inizio dello scritto, né in altro luogo, è intonato al contenuto stesso della lettera. L’autore infatti, di cui è ignota l’identità, è sicuramente un cristiano le cui origini giudaiche sono condivise con la comunità a cui si rivolge e con la quale condivide la chiamata alla fede in Gesù, ricevuta da coloro che avevano ascoltato il Signore (4,2). La lettera agli Ebrei offre al lettore una nuova visione del sacerdozio antico che viene riletto alla luce della vita del Signore Gesù. Egli è «Figlio di Dio», che glorificato siede alla destra del Padre e nello stesso tempo è «fratello nostro». La sua posizione e cioè quella di essere unito a Dio e agli uomini (1,5-14 e 2,5-16), pone le condizioni per una mediazione perfetta tra Dio e il popolo, superando i limiti del sacerdozio antico (Es 29; Lv 9). Così con la sua passione, morte e resurrezione Cristo si guadagna il titolo di «sommo sacerdote fedele e misericordioso» (Eb 2,17-18) ed esprime la novità e la superiorità del suo sacerdozio: con Gesù, con l’offerta della sua vita, non è più necessaria la santificazione del sacerdote attraverso una serie di riti per entrare in comunione con Dio e intercedere per sé e per il popolo; con Gesù il sacrificio è fatto una volta per tutte, sacerdote e sacrificio, chi offre e ciò che si offre sono tutt’uno. Inoltre il santuario che Cristo attraversa «non è fatto da mani d’uomo», ma è la reale intimità con Dio raggiunta dopo aver «attraversato i cieli» come offerta gradita a Dio (4,10.14). Così Cristo ha soccorso l’umanità, ha santificato gli uomini e li ha introdotti nel «riposo di Dio» (2,17.18; 3,14). Il sacerdozio di Cristo è nuovo e superiore perché non dipende da quello di Aronne e somiglia, invece, a quello di Melchisedek, sacerdote per sempre (7,3.16.17). Entrato nel santuario che è il cielo stesso (9,24), Gesù è sacerdote per l’eternità grazie alla vittoria sulla morte e la sua resurrezione gloriosa; egli è in grado di presentare le offerte e le domande del popolo presso Dio, come mediatore della nuova alleanza: l’efficacia salvifica del suo sacrificio per gli uomini rivela l’impotenza salvifica della legge antica. I credenti stessi che trovano in Gesù la «via nuova e vivente» per giungere al santuario celeste, hanno bisogno solo di perseveranza e fede, la stessa che animò la vita dei santi patriarchi e precedessori che erano rivolti senza saperlo a Gesù.
Avvertenze:
Le lezioni si svolgerarno in modo frontale; in esse non mancherà la possibilità di leggere e tradurre alcuni brani scelti esercitandosi nell'esegesi e nell'ermeneutica del testo.
Bibliografia: